lunedì 22 dicembre 2014

Veglia


Veglia, scritta da Ungaretti il 23 dicembre 1915 sulla Cima Quattro del monte San Martino del Carso, è considerata una delle più intense poesie della raccolta “L’Allegria” (1931) a livello espressionistico, grazie alla scelta lessicale adottata dal poeta.

Struttura:
E’ formata da versi liberi di vario ritmo raggruppati in due strofe di diversa lunghezza; manca la punteggiatura.
Il poeta cerca di esprimersi con parole semplici ed immagini nitide.
L’elemento fonico di rilievo è la presenza della consonante “t”, spesso collegata alla vovale “a”, che impone una lettura secca e scandita.
Il metro è ricco di richiami fonici, rime ed assonanze non regolate.

Tema della poesia:
Questa poesia è frutto di un’esperienza realmente vissuta dal poeta nel periodo della Grande Guerra.
Il poeta passa una notte in trincea accanto ad un compagno morto, dal volto sfigurato e le mani livide e gonfie.
Ungaretti sceglie di rovesciare la drammaticità della scena compiendo un immenso atto vitale nel verso 12-13, nel quale scrive: “Ho scritto lettere piene d’amore”.
L’autore non vuole comunicare la sua resa al dolore, bensì il suo bisogno d’armonia con l’ultima strofa, la quale recita: “Non sono mai stato tanto attaccato alla vita”.
Anche nella sperimentazione della violenza e della morte, egli sente rivelarsi dentro sé nuovi sentimenti legati all’amore.

Commento:
Una situazione del genere, seppure in forme diverse, si può presentare nella vita di tutti: una sciagura può modificare il nostro modo di essere e, forse, farci apprezzare al meglio la vita. Può anche accadere il contrario, cioè che le disgrazie sfiorino, senza scalfire le nostre convinzioni. Non tutti abbiamo la sensibilità di un poeta.

Melissa e Andrea

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