giovedì 1 gennaio 2015




Voce di vedetta morta, Clemente Rebora  

da "Poesie varie"


C'è un corpo in poltiglia
Con crespe di faccia, affiorante
Sul lezzo dell'aria sbranata.
Frode la terra.
Forsennato non piango:
Affar di chi può, e del fango.
Però se ritorni
Tu uomo, di guerra
A chi ignora non dire;
Non dire la cosa, ove l'uomo
E la vita s'intendono ancora.
Ma afferra la donna
Una notte, dopo un gorgo di baci,
Se tornare potrai;
Sòffiale che nulla del mondo
Redimerà ciò ch'è perso
Di noi, i putrefatti di qui;
Stringile il cuore a strozzarla:
E se t'ama, lo capirai nella vita
Più tardi, o giammai.


COMMENTO:

Voce di vedetta morta è una poesia tratta dalla collezione delle Poesie varie (1913-1918)
C’è un corpo in putrefazione con la faccia aggrinzita, che emerge sulla puzza dell'aria fatta a pezzi dalle esplosioni. La terra è un inganno. Infuriato non piango: attività di chi può permettersi questa debolezza e del fango. Perciò tu, uomo, se ritorni a casa vivo non dire di questa realtà a chi non sa della guerra; non dire di questa situazione là dove l'uomo e la vita si capiscono ancora. Ma invece in una notte, dopo un gran numero di baci, afferra la tua donna, se potrai tornare salvo; sussurrale che nessuna cosa del mondo riscatterà ciò che è stato distrutto di noi che abbiamo combattuto, i putrefatti di qui del fronte bellico; stringile il cuore fino a soffocarla e se lei ti ama, lo capirai più tardi nella vita o mai più. SEMBRA CHE LA VEDETTA PARLI (non dire la cosa). Il morto sembra lanciare un messaggio forte e chiaro: vivi come se non ci fosse un domani.

Leggendo questi versi, non si può rimanere indifferenti al mordace espressionismo, al vorticoso susseguirsi di parole accuratamente scelte per creare un ritmo che trascina e coinvolge.

Questa poesia affronta un particolare episodio in una trincea sul monte Podgora durante la Grange Guerra, dove un sottotenente giace accanto al corpo inanimato del compagno d’armi, e guardando un cadavere pensa alla vita. Il poeta parla assumendo il punto di vista del morto e questa prospettiva porta al massimo la tensione verso un valore della vita che sia sufficiente a riscattare la morte e la sofferenza dei soldati,; ma poiché tale valore non può essere trovato, o comunque è comprensibile solo in condizioni eccezionali, l'invito è a non confidare questa scoperta sconvolgente a chi non ha fatto un'esperienza simile, perché non capirebbe o ne sarebbe solo turbato. Tale rivelazione potrà essere fatta solo nel momento di massima vitalità, alla donna che si ama, in una notte d'amore, come se ciò costituisca un possibile risarcimento alle sofferenze provate; ma in verità sarà solo la vita nella sua interezza che potrà, forse, dare una risposta - ammesso, di nuovo, che una risposta sia possibile: il messaggio conclusivo è aperto e problematico.




Giulia ed Elsa

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