lunedì 9 febbraio 2015



Addio alle armi
Nel caso del capitolo IX, il tenente Henry e gli chauffeurs giunsero al posto di raccolta, nella fornace, dove avrebbero atteso l’inizio del bombardamento.
Nel posto di medicazione vi erano già tre medici che Henry conosceva.
Si accordò con il maggiore perché gli chauffeurs venissero sistemati in un ricovero comodo e perché venisse dato loro da mangiare, preferibilmente prima che il comandamento cominciasse.
Il tenente rimase al ricovero con i compagni, fumarono e parlarono molto.
Gli chauffeurs erano tutti meccanici e odiavano la guerra.
Non si trattenevano dal mostrare il oro disprezzo per la guerra di fronte al tenente Frederic, seppur con rispetto nei suoi confronti. Lui accettava di buon grado, qualche volta ribatteva. Sapevano di potersi permettere di esprimere le proprie opinioni con lui.
“Sarebbe soltanto peggio se si smettesse di combattere.”
“Non potrebbe esser peggio” disse Passini con rispetto. “Non c’è nulla di peggio della guerra.” “La sconfitta è peggio.”
“Non credo” disse Passini sempre con rispetto. “Che cos’è la sconfitta? Si ritorna a casa.”
[…] “Tenente” disse Passini “Lei ci lascia parlare. Senta. Niente è brutto come la guerra. Noi nell’autoambulanza non si riesce neanche a capire come sia brutto. Quando si capisce com’è brutto non si può più far niente per fermarla perché si diventa matti.” Pagg. 53-54
Gli chauffeur avevano fame e volevano mangiare. Il tenente, quindi, accompagnato da uno degli chauffeur, Gordini, si recò nel ricovero del maggiore.
Il maggiore fece portar loro dei maccheroni freddi e del formaggio bianco.
Quando uscirono dal ricovero del maggiore il bombardamento era già cominciato.
Il tenente e Gordini raggiunsero gli chauffeurs nel loro ricovero, mangiarono i maccheroni e bevvero vino scadente.
Vi fu una bombarda, rumori assordanti e un momento di panico in cui il tenente sentì qualcuno gridare forte.
Comprese che era lo chauffeur Passini e che le sue gambe erano entrambe state troncate.
Tentò di muoversi verso di lui, ma era bloccato, quindi chiamò a gran voce il porta feriti, che però non arrivò.
Provò nuovamente a spostarsi verso Passini, questa volta ci riuscì.
Strappò un  lembo della sua camicia per poter legare un laccio emostatico intorno al moncone, ma mentre lo fece, si rese conto che non ce n’era più bisogno perché lo chauffeur era già morto.
Il suo primo pensiero corse immediatamente agli altri tre chauffeurs, ma non ebbe il tempo di fare niente perché venne ferito alle gambe.
Vennero in suo soccorso gli chauffeurs Manera e Gavuzzi e, tra le continue granate, riuscirono a trasportarlo al posto di raccolta, dove vi era già Gordini che era stato gravemente ferito.
Manera e Gavuzzi erano feriti leggermente, ma potevano guidare, quindi partirono con un carico di feriti ciascuno.
Uno chauffeur inglese venne verso il tenente insieme a Gordini.
Fece delle domande al tenente, si offrì di prendere le sue macchine e si premurò perché si prendessero in fretta cura di lui.
Al posto di medicazione lo visitarono e lo medicarono.
Lo caricarono su una barella e poi dentro un’ambulanza inglese insieme ad un altro uomo che sistemarono con la barella sopra di lui.
L’ambulanza partì e un rigagnolo caldo cominciò a colare sul petto del tenente che avvisò lo chauffeur  alla guida dicendogli che l’uomo sopra di lui stava avendo un’emorragia.
Quando il rivolo di sangue cessò di colare, Henry comprese che l’uomo era morto.
Il protagonista del brano è il tenente Henry, giovane americano figlio di un diplomatico venuto in Italia per arruolarsi volontariamente alla guerra, con un’idea di partenza al riguardo che viene poi stravolta di fronte alla crudeltà che ogni giorno si trova costretto ad affrontare.
In questo capitolo viene evidenziata l’avversione degli chauffeurs nei confronti della guerra.
Viene anche mostrato senza filtri ciò che la guerra riserva: morte e dolore ne sono i principali elementi.
La morte, raccontata attraverso la perdita dell’amico e compagno Passini.
Il dolore, non solo fisico, ma anche psicologico.
Personalmente, credo che la parte “migliore” di questo capitolo sia quando il tenente si rende conto che Passini è stato gravemente ferito.
Mi ha colpito il fatto che il primo pensiero di Henry, nonostante la situazione orribile, sia stato quello di aiutarlo, mettendo il compagno prima di se stesso.
Da questo si può certamente dire che la guerra, nonostante tutto, crei dei fortissimi legami fra chi ne prende parte.

E. Hemingway, Addio alle armi, traduzione di F. Pivano, Mondadori, Milano, 1946-1952.

Sara

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